Fathers and Sons: tre generazioni di pittori a confronto

Group Show

14 DICEMBRE 2024 – 1 FEBBRAIO 2025

Guidi&Schoen presenta presso la propria sede di Piazza dei Garibaldi 18r la collettiva Fathers and Sons: tre generazioni di pittori a confronto.

La mostra pone a confronto tre generazioni di artisti che tra concettualismo, figurazione e sperimentazione reinterpretano tanto la quotidianità quanto il metafisico.

Tino Stefanoni (1937-2017), Salvo (1947 – 2015) e Gianfranco Zappettini (1939), condividono un’origine nell’arte concettuale, ma ognuno di loro ha seguito un percorso evolutivo distinto, sviluppando linguaggi e approcci artistici unici. Tino Stefanoni con Le Tazze (1972) guarda al mondo del quotidiano, presentando gli oggetti in maniera chiara e semplice, quasi come tavole di un abbecedario visivo. Zappettini superata la stagione della pittura analitica si avvicina al mondo del simbolico e del metafisico; trama, ordito e colore sono gli elementi che compongono i suoi quadri come Rettangolo blu (2003) e Lacrima divina (2020). Salvatore Mangione in arte Salvo, inizia anche lui negli anni 60 come artista concettuale avvicinandosi ai movimenti dell’arte povera e del minimalismo per poi, negli anni 80 recuperare un immaginario figurativo ispirato alla pittura del 900, riprendendo soggetti più tradizionali come le nature morte (Piccola natura morta, 1999).

 

Andrea Chiesi (1966), Alessandro Papetti (1958) e Corrado Zeni (1967) rappresentano la seconda generazione di artisti in mostra. Ognuno a modo proprio recupera una pittura figurativa utilizzata per esplorare e riflettere sull’ambiente che ci circonda. I paesaggi urbani di Andrea Chiesi, caratterizzati da forti contrasti e realizzati con inchiostri su carta come in Dharmata e Gli Asolani (2023), dialogano con gli scenari industriali, come i cantieri navali, rappresentati da Alessandro Papetti.

Corrado Zeni, invece, indaga un altro aspetto di questa stessa società industriale, descritta come frenetica e alienante, nell’opera Mangia, dormi, lavora, ripeti (2024), che potrebbe benissimo incarnare il mantra della quotidianità contemporanea. Le sagome di personaggi, dai colori vibranti stagliate su un paesaggio urbano sono allo stesso modo presenti nell’opera Are we unique? (2024).

 

Davide La Rocca (1970) e Silvia Infranco (1982) tornano nuovamente verso il concettualismo riattualizzando in maniera personale tecniche tradizionali. La Rocca con Domino pp (2018) propone un puntinismo contemporaneo più simile a una scomposizione in pixel nel quale l’immagine è filtrata attraverso una maglia finissima di segni ridotti in particelle. Infranco ragiona invece sulla materialità dell’oggetto. Dicentra-metaforma v (2018) è formato da ossidi, pigmenti e cera, elementi ampiamente utilizzati nella sua produzione che uniti alla carta e legno compongono superfici che, sottoposte ad appropriazione per stratificazione, macerazione, asportazione, inclusione oggettuale, si impressionano, restituendo allo sguardo nuove scritture, memorie ed immagini.